Respirazione e patologie

Nella mia esperienza di Martial Arts Therapist ho notato che la maggior parte delle persone che viene da me con problemi di Ansia, Fibromialgia e Attacchi di panico ha in comune una respirazione scorretta; per alcuni la respirazione è toracica, molto corta e il diaframma sembra addirittura bloccato, per altri la respirazione è inversa e per altri ancora può addirittura presentare momenti di apnea. Questo porta ad una fame di ossigeno e ad una scorretta ossigenazione del nostro sangue.

Cosa avviene quando respiriamo in modo veloce “Iperventilazione”?

Quando inspiriamo, l’ossigeno entra nei polmoni e si lega all’emoglobina (una molecola dei globuli rossi del sangue).
In pratica, l’emoglobina porta l’ossigeno in tutto il corpo e lo rilascia nelle cellule. Le cellule, a loro  volta, “prendono l’ossigeno” e lo usano per produrre energia (ad esempio, per fare un movimento) e producono una sorta di gas di scarico, l’anidride carbonica.
Il sangue fa il carico di anidride carbonica e la porta fino ai polmoni, che la butteranno fuori attraverso l’espirazione.
Quindi, è importantissimo avere molto ossigeno, che “nutrirà” le cellule, ma è fondamentale anche avere l’anidride carbonica, altrimenti l’ossigeno rimarrà attaccato all’emoglobina.

Chi ha una respirazione scorretta va spesso in iperventilazione e questo implica respirare in maniera molto veloce e/o molto potente.
In questi casi, avremo moltissimo ossigeno nel corpo, ma pochissima anidride carbonica, perché ne buttiamo fuori troppa espirando e non ne rimane abbastanza nel corpo.

Inoltre, alcuni vasi sanguigni si restringono, soprattutto quelli che portano il sangue in certe aree del cervello.

Risultato? Arriva sicuramente più ossigeno ai polmoni, ma ne arriva anche meno ad alcune aree del cervello e quindi va in tilt e provoca falsi allarmi provocando “ATTACCHI DI PANICO”.

Cosa avviene quando respiriamo in modo lento in “Ipoventilazione”?

L’Ipoventilazione invece è caratterizzata da una respirazione incapace di fornire quantità di ossigeno sufficiente ai polmoni e altrettanto incapace di espellere quantitativi sufficienti di anidride carbonica. Ne derivano uno stato di ipossiemia (bassi livelli di ossigeno nel sangue) e di ipercapnia (eccessivi livelli di anidride carbonica nel sangue).

Risultato? Apnee notturne, russamento, cianosi, dispnea, sonnolenza diurna, senso di soffocamento con conseguenti bruschi risvegli, mal di testa, bocca secca, nonché depressione, ansia e disturbi della personalità causati dalla cattiva qualità del sonno e tensione muscolare.

Come fare a respirare correttamente?

Sicuramente il Tai Chi e il Qi Gong ci possono aiutare a riequilibrare la respirazione.



I principi dei monaci Taoisti: la via del benessere psicofisico. Vivi la vita come in una lunga forma del Tai Chi e del Qi Gong

Sempre più persone vengono trascinate nel vortice della vita frenetica dei giorni d’oggi; questa società ci impone stereotipi di vita rivolti al successo, alla carriera, al lusso, all’estetica ma ci fa dimenticare di vivere in armonia con principi che regolano l’universo.

Viviamo in una corsa continua e i nostri pensieri corrono talmente veloci che ci dimentichiamo anche di respirare e di ascoltare i segnali che il nostro corpo ci da quotidianamente; non sappiamo più nemmeno muoverci fra le due principali fonti energetiche che regolano l’ecosistema, compreso l’essere umano. Queste entità sono il cielo e la terra e infatti ci ammaliamo perchè siamo vittime degli squilibri di queste due fonti energentice dal momento che respiriamo poco ossigeno e mangiamo troppo o troppo poco e male.

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I principi della filosofia Taoista ci vengono però in aiuto: questi ci insegnano a rallentare e a respirare e a sconfiggere le nostre paure.
Tutto ciò grazie a due pricipali discipline: il Tai Chi Chuan (arte marziale, stile interno del Kung Fu) e il Qi Gong (Meditazione rivolta a riequilibrare il flusso di energia vitale nel nostro corpo).

Quando finisco le mie lezioni ricordo sempre a tutti i miei allievi che quello che impariamo nel Dojo lo dobbiamo praticare quotidianamente;
la medicina va presa tutti i giorni se no serve a poco.

Rallenta, respira e tutto si illumina e prende forma…

Articolo del M° Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

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Professione Martial Arts Therapist curarsi con le arti marziali

Per me la cosa più bella che ci possa essere è aiutare il prossimo; per questo motivo ho deciso di specializzarmi come terapista marziale.
Il mio principale obiettivo è quello di trasmettere calma e sicurezza e mettere la persona a proprio agio; infatti inizio sempre la seduta con una bella chiaccherata e, dopo un primo checkup visivo, cerco di capire cosa sia più indicato fare in base alle sue condizioni.
Se il soggetto è molto stressato e ansioso o se soffre di insonnia oppure è debilitato, lo aiuto a rilassarsi respirando assieme a lui e insegnandogli tecniche di Qi Gong, cioè “movimenti lenti associati a una respirazione diaframmatica”.
Se invece la persona che ho di fronte ha subito interventi importanti, cerco di fargli riacquisire fiducia in se stesso, sopratutto nel suo corpo, magari con un combattimento lento e controllato.
Ancora, se il paziente è affetto da una malattia degenerativa provo a fargli fare movimenti asincroni in modo da stimolare circuiti celebrali che difficilmente si realizzano nei movimenti quotidiani; qui viene in aiuto il Tai Chi Chuan.

Con la pratica del Tai Chi Chuan e della meditazione “Qi Gong” aiuto chi ha bisogno di affrontare, alleviare e, in alcuni casi, sconfiggere parecchie patologie, tra cui:

Riabilitazione post operatoria
Stress, ansie e attacchi di panico
Dolori articolari
Insonnia
Parkinson
Fibromialgia

Dal 2018 sono orgoglioso di collaborare come volontario Martial Arts Therapist con il KKC Kids Kicking Cancer presso l’ospedale S. Matteo di Pavia nel reparto di Oncoematologia Pediatrica


Articolo del M° Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

P.D.C.S.I.
I 5 principi che aiutano in caso di aggressione

P= PREVENZIONE
D= DISTANZA
C= CALMA
S= SORPRESA
I= ISTINTO

PREVENZIONE: Dei 5 principi, questo è il più importante! Come dice un famoso spot pubblicitario “prevenire è meglio che curare”; cercare infatti di non cacciarsi in situazioni di non ritorno è la regola principale. In natura l’animale che viene aggredito è il più debole, quello ammalato o visibilmente in difficoltà; quindi cerchiamo di usare il buonsenso, magari non andiamo alle 5 di mattina in un parco a far passeggiare il cane, evitiamo strade isolate e buie e cerchiamo di non camminare in solitudine con gioielli in bella vista o con abiti provocanti.

DISTANZA: Una delle tecniche più utilizzate dagli aggressori per avvicinarsi a voi è chiedervi informazioni stradali, in modo da occupare la vostra mente per poi aggredirvi o scipparvi.
La prima cosa da fare è indietreggiare di due passi e prendere un adeguata distanza. La distanza ci dà la possibilità di avere una visione ottimale di tutto quello che succede di fronte a noi e ci assicura una possibilità di fuga o di richiesta d’aiuto.

CALMA: Questo è uno dei principi a cui tengo di più, perché è solamente rimanendo tranquilli che la nostra mente è lucida e riusciamo a controllare il panico. La regola principale è respirare lentamente con una respirazione profonda.

SORPRESA E ISTINTO: L’effetto sorpresa e istinto le metterei insieme; sorprendere l’aggressore magari con un colpo istintivo e definitivo o semplicemente lanciare un urlo ci offre la possibilità di fuggire da quella spiacevole situazione. Sconsiglio vivamente di avventurarsi in tecniche marziali viste magari una sola volta in qualche corso di difesa personale e di sperimentarlo con un energumeno, magari sotto l’effetto di cocaina o di psicofarmaci.

Come in tutte le cose, il buonsenso è la migliore difesa che abbiamo!

Articolo del M° Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

TAI CHI L’ARTE DEL SUBCONSCIO

Una delle finalità della pratica del Tai Chi, è muoversi in uno stato di SUBCONSCIO; che cosa significa nello specifico?
Significa che la nostra mente non deve essere cosciente mentre ci muoviamo.
Ma come si arriva a muoversi senza pensare? Calmando la mente con una respirazione profonda, portando tutto il nostro corpo in uno stato di non controllo; i nostri arti devono quindi “galleggiare nell’aria”.

Quali sono i benefici di portare il nostro corpo in questo stato?
Principalmente questa pratica aiuta a staccare la spina dallo stress fisico e mentale di tutti i giorni, dalle nostre ansie e dalle nostre paure che a volte si manifestano nel nostro corpo con effetti psicosomatici, cioè malesseri sia mentali che fisici.
Il secondo beneficio è prettamente marziale, cioè avere una mente libera e un corpo completamente rilassato e flessibile per poter reagire istintivamente all’attacco di un potenziale aggressore.

Articolo del M° Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

LA MIA IDEA DI TAI CHI FUNZIONALE

Il concetto Tai Chi Funzionale nasce dalla mia formazione professionale, dato che mi occupo di grafica; tendo quindi a sintetizzare le immagini e le idee in poche linee chiare ed essenziali. Tutto ciò unito a un background urbano vissuto nella periferia nord milanese.
Che cosa si intende per “funzionale”? Per definizione la parola significa “che deve funzionare”.
Dato che il Tai Chi nasce come arte marziale, la sua essenza funzionale deve essere la difesa personale e la possibilità che tutti possano praticarla.

Oltre alla difesa personale, la funzione del Tai Chi è quella di ristabilire in tutto il corpo un equilibrio di energia vitale chiamata”Chi”; questo è possibile solo abbinando le figure del Tai Chi ad una respirazione profonda “diaframmatica” e allo studio dei canali energetici chiamati Meridiani.

Questi sono i due principali punti su cui sto concentrando tutto il mio studio o “la via che sto percorrendo”.

Articolo di Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

IL MIO METODO DI INSEGNAMENTO DEL TAIJI

Il tradizionale metodo di insegnamento delle arti marziali consisteva nell’osservare e ripetere all’infinito la lezione del giorno del maestro e quello che lui spiegava era “legge”.

Questo portava l’allievo ad allontanarsi dalla pratica, ritenuta “noiosa”, e spesso l’allievo si sentiva sotto osservazione e in dovere di dimostrare qualcosa, generando quindi un senso di malessere di “ansia da prestazione”.

Il mio approccio all’insegnamento si evolve: il mio studio è propositivo e coinvolgente e rivolto all’ascolto. Io infatti propongo l’argomento del giorno, che potrebbe essere, ad esempio, una posizione della forma tradizionale del Tai Chi, e insieme all’allievo lo esaminiamo e lo studiamo e, se riteniamo che sia poco efficace per i giorni d’oggi, l’aggiorniamo. Sempre più spesso ho la fortuna di confrontarmi con allievi provenienti da altre discipline marziali e non solo; proprio grazie a loro lo studio diventa più accurato e costruttivo sia per chi si sta avvicinando alla pratica sia per me che la insegno, permettendomi di arricchire il mio bagaglio tecnico e formativo.

Articolo di Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

L’ESSENZA DEL TAI CHI

Tutto è in continua evoluzione, come ci spiega anche il libro dei mutamenti “I Ching”.

Anche lo stile di Tai Chi che insegno io, inteso come arte marziale e quindi difesa personale, è mutato e si è adattato ai nostri tempi, durante un’aggressione in strada tutto è molto rapido e feroce e una scarica di rabbia e adrenalina che si consuma in pochi istanti.

Quindi anche lo studio della forma del Tai Chi si deve adeguare, tutte le posizioni vengono riviste per diventare corte e molto rapide “essenziali”, ma allo stesso tempo efficaci, alla portata di tutti, eseguibili anche da una persona esile.

Non credo in tecniche e leve complesse e articolate; il contatto deve essere fulmineo e rapido in modo da “colpire e uscire”,
prendendo sempre la distanza di sicurezza, dove il campo visivo è ottimale, il tutto senza tralasciare la tradizione di questa fantastica arte marziale.

 

Articolo di Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

I SAMURAI ESISTONO ANCORA

Sempre più spesso riesco a intuire tra gli allievi che si iscrivono ai miei corsi chi ha uno spirito da “Samurai” e chi invece alle prime difficoltà abbandonerà il corso per futili motivi. Tra i mie allievi ho persone giovani e persone meno giovani con i loro acciacchi e patologie; ci tengo a fare qualche nome: Salvatore, Giuseppe, Leonardo, Luigi e Terry…

Oggi quindi voglio spendere qualche buona parola per loro; io li chiamo “i miei Samurai”, persone che non mancano mai, sempre affamati di sapere e curiosi di apprendere nuove tecniche, pur non essendo dei ragazzini…

Molti di essi hanno già una formazione derivante da altre arti marziali o da combattimento, quindi hanno alle spalle un background di anni di pratica, ma sono capaci di svuotare la tazza per riempirla nuovamente con nuove informazioni.

Da queste persone c’è solo da imparare: è un continuo scambio di informazioni. Io insegno a loro e loro allo stesso tempo insegnano tantissimo a me. Quando studio una posizione della forma penso sempre alla sua efficacia marziale perché so che ho dei severi giudici che sapranno sicuramente valutarne l’effettiva efficacia!

Spesso dopo aver fatto la mia dimostrazione e spiegato la sua funzione marziale, mi confronto con loro coinvolgendoli nello studio, perché so bene che potranno darmi conferma della validità della forma o correggerla per renderla molto più efficace.

Naturalmente imparo moltissimo anche dalle persone nuove, soprattutto da chi è a digiuno totale delle arti marziali.

Ora infatti voglio parlarvi di una di loro, una persona sempre solare, anche se alle spalle ha avuto una vita di dispiaceri e nonostante avesse già combattuto una sua battaglia personale con una malattia. Quando la sera arrivavo in palestra lei era già lì ad aspettami, sempre presente e sorridente anche quando ha saputo che dopo molti anni la malattia si era ripresentata. Ora questa persona ha fatto quello che la nostra disciplina ci insegna: ha ceduto alla malattia e adesso non c’è più…

Da lei ho ricevuto uno dei più grandi insegnamenti… e sono queste le persone che io chiamo SAMURAI.

Ciao Terry

 

Articolo di Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin

La forma del Taijiquan non è un balletto coreografico

Spesso durante le mie lezioni al parco conosco persone che praticano già il Tai Chi, anche da parecchi anni, ma ho notato che molti non conoscono davvero l’utilità delle figure della forma o meglio non sanno come utilizzarle in un combattimento.

Io penso che il primo insegnamento che si debba trasmettere ai nostri allievi sia quello di dimostrare che il Tai Chi è stato codificato come arte marziale di combattimento e allo stesso tempo insegnare a dirigere e incanalare l’energia “Chi” che viene coltivata tramite la respirazione nei canali energetici “meridiani” per poi arrivare infine a dare potenza ed energia al nostro colpo.

Altra cosa che ho notato è che non c’è molta flessibilità mentale; molte persone considerano ciò che hanno imparato in un certo modo come legge!

Io invece penso che tutto sia in continuo mutamento: “I Ching”, anche i un combattimento, possono avere 1000 variabili, quindi penso che anche il metodo di insegnamento del Tai Chi debba cambiare senza ripetere le forma all’infinito fino quando questa ti entra nella mente!

Avete mai pensato di variarla? Magari si può provare a iniziare dalla fine della forma e andare a ritroso.

E vi siete mai soffermati su una singola forma del Tai Chi per studiarne le mille variabili che ci possono essere durante un combattimento?

Il mio Maestro Oscar Scaglioni mi ha sempre insegnato questo: la forma è solo il tuo taccuino, la tua linea guida, ma nulla ti vieta di variare altrimenti il Tai Chi diventa solo “una poesia imparata a memoria”.

 

Articolo di Filippo Scimone Panajia con la collaborazione di Alberto De Bettin